42 – Hime

Ho deciso. Oggi è l’ultima volta che vado da questo cane di dentista. E che diavolo, mica posso tornare una volta al mese perché non è capace di farmi un’otturazione che duri. Mi dispiace non vedere più Hime, però quando è troppo è troppo. Intanto prima di iniziare gli lancerò una frecciatina sulla sua bravura, tanto per fargli capire, se non è scemo, che mi sono stufato di farmi curare da lui. E se poi l’otturazione salterà ancora, la prossima volta mi farò curare il dente da un altro. Se invece non salta, non ci sarà più bisogno di tornare. Meglio quindi che mi guardi bene le sue due aiutanti, perché sarà in ogni caso l’ultima volta che le vedo.

Arrivo come sempre e trovo le due pulzelle, Hime e l’altra, alla reception. Hime ha il camice bianco pieno di macchie sopra la camicetta a righe orizzontali rosa e bianche, la collega è vestita allo stesso modo ma le righe sono azzurre. Entrambe si muovono come papere in quelle ciabatte, minuscole ma pur sempre troppo grandi per i loro piedini.
Mi accomodo nella poltrona su invito di Hime, che questa volta sembra avere la vocina più scema del solito. Ha come sempre la mascherina, ma so che non la usano per igiene. Secondo un mio collega serve solo a nascondere la parte più brutta della faccia. Se sapessero che non mi importa nulla della bellezza esteriore, né di quella interiore, e che le stringerei entrambe in un caldo abbraccio tra le spire possenti del mio uccello multifunzione.

L’abbraccio

Finiti i soliti preparativi, il dottore si mette all’opera e sembra voler ripetere esattamente il lavoro della volta precedente. Certo che se non scava un pochino per farmi un incastro, poi è facile che l’otturazione esca.  Frattanto Hime mi toglie le dita nude dalla bocca trascinando un lungo filo di bava, che spezza con l’altra mano con il gesto delicato di una musa che suona la lira, e le tante minuscole goccioline formatesi in aria creano con il controluce della lampada un gioco di luci simile ai fuochi d’artificio. E mentre mi godo questo spettacolo perdo l’attimo giusto per redarguire il dottore, che per inciso ha dei guanti di gomma, ed è la prima volta che li usa da quando vengo qui.
I due ostentano una fretta insolita di concludere il lavoro. Anche loro devono essere stufi di quel rompiscatole di SirDiC, che viene così spesso ma non gli possono chiedere soldi. Insistono per lungo tempo con la lampada viola per indurire il composito, e le due infermiere si alternano aiutando il dentista in questo compito. Ho tutto il tempo quindi di guardare da vicino i loro occhietti a mandorla e quel poco che la visuale limitata mi offre dei loro corpicini giovani e freschi. Le dita nude di Hime sono insapori, ma al confronto con i guanti di gomma del dentista sembra di leccare un gelato alla fragola. Alla musica dell’aspiratore mi sento ringiovanire e la vocina di Hime mi arriva fino al cuore.
Maledetto dottore, hai vinto ancora. Ora ho capito che non sei un dentista, ma uno stregone. E le due pulzelle, come le sirene omeriche, sono i tuoi strumenti per attirare i clienti porci. E sai bene che io continuerò a tornare, e non ho nulla in contrario. Vengo tutte le volte che vuoi, vengo anche solo a comprare il dentifricio, ma almeno l’otturazione fammela bene, caspita.

Hime